Può essere un segno dei tempi che agli stessi maestri caschino le braccia, in un’apparente rassegnazione al disordinato corso degli eventi mondiali.
Sorprende però che un diplomatico di lungo corso, proveniente dai ranghi del giornalismo ai quali, dopo il pensionamento, è tornato, continui ad anteporre un accondiscendente realismo all’imperativo politico, il compromesso all’integrità del sistema internazionale.
Le sanzioni alla Bielorussia e alla Russia, sostiene, sono motivate dall’ossessione democratica occidentale, che ostacolerebbe il superiore interesse nazionale. Sorvolando sull’intervento in Ucraina, l’annessione della Crimea, l’avvelenamento degli oppositori, le elezioni truccate a Minsk che compromettono l’auspicabile reintegrazione continentale.
E’ come se, per amor di pace, i vigili urbani dovessero astenersi dal multare le violazioni del codice della strada. Non dell’efficacia delle sanzioni si deve quindi discutere, ma della loro legittimità. Previste come sono dall’Articolo 41 di una Carta delle Nazioni Unite scarsamente rispettata, sono destinate non a punire, né ad ammonire, bensì soprattutto ad evidenziare le ripetute lacerazioni del tessuto dei rapporti internazionali.
In un mondo che vorremmo solidale invece che ancora e sempre antagonistico, non di interferenza negli affari interni altrui si può trattare, quanto piuttosto di omissione di soccorso. Alla vigilia della guerra in Bosnia, al collega serbo che gli contestava le sanzioni occidentali, l’allora Ministro degli esteri Andreatta rispose che il loro scopo primario era di “salvare la nostra coscienza”.
E’ soprattutto fra europei che non ci si può attenere ad un astratto, indifferente, pragmatismo lungo le perduranti faglie che dividono il continente, ad Est come nel Caucaso, nei Balcani occidentali. Con le loro proiezioni nel sempre tormentato fianco mediterraneo.
L’Atto Finale di Helsinki del 1975 aveva disposto degli impegni politici, per quanto non vincolanti giuridicamente, ai quali Gorbaciov aveva aderito, invocando l’edificazione di una ‘casa comune europea’. In ambito Nazioni Unite inoltre, dopo la caduta del Muro si è andata affermando, a carico degli Stati, una ‘responsabilità di proteggere’: il sistema internazionale, oltre ai propri cittadini.
Una pandemia politica si aggira per l’Europa. Incomprensibile è che ci si possa rassegnare ad un deleterio, autolesionistico, poco liberale, ‘laissez-faire’. Di stampo ‘no vax’.