In un serrate i ranghi a fini elettorali, la ‘voce del padrone’ americano si sta facendo stentorea. Amplificata dai suoi diretti collaboratori, rivolta anche verso l’esterno, non soltanto cinese, tanto meno russo.
Apparentemente galvanizzato dall’accordo israelo-emiratino, il Ministro degli esteri Pompeo si è messo a pontificare lo stesso Pontefice, ingiungendogli di stracciare il ‘modus vivendi’ che ha raggiunto con la Cina. Sostenendo che la remissività della Santa Sede “metterebbe in pericolo la sua superiorità morale”. Da che pulpito!
Un atteggiamento arrogante, riedizione rivista e aggiornata di quello staliniano che irrideva l’assenza di divisioni militari del papa. Che prescinde dalla diversa collocazione del Vaticano sulla scena internazionale: dalla superiore funzione, morale appunto, che, nella confusione globale, gli viene ormai riconosciuta ‘urbi et orbi’.
Le disordinate esternazioni di marca trumpiana rivelano quanto quell’amministrazione si sia isolata dalla realtà, che vorrebbe invece manovrare a proprio vantaggio. Presumendo di poter assommare in sé persino le tante pulsioni conservatrici dei nostri giorni.
La settimana prossima, il Segretario di Stato americano si rifarà vivo in Vaticano (approfittandone accessoriamente, come al solito, per prendere contatto anche con le autorità italiane!).
Papa Francesco si limiterà probabilmente a rispondergli quanto ebbe occasione di dire a Putin: “Le suggerirei di essere più sincero”.