Che la scuola sia un luogo di luoghi comuni basterebbe ascoltare un qualsiasi telegiornale per confermarlo e per trovarsi davanti a una sua immagine complessiva globalmente poco credibile, quasi estrapolata dal catalogo delle idee ricevute. In un processo circolare nel quale chi si occupa della “realtà” fa il calco alla finzione (non esente da stereotipi e pregiudizi) e la finzione fa finta di ispirarsi alla realtà, mentre tende, piuttosto, a costruirla.
Ora ci si mette pure l’ottimo Michele Serra che in un’Amaca (“la Repubblica”,16 settembre), peraltro molto solidale e simpatetica verso il mondo della scuola, soffermandosi sul “corpo insegnante” lo dipinge come “magari problematico, e sindacalizzato spesso malamente, ma nel complesso volonteroso e con qualche eccellenza”.
Anche trascurando il fatto che non dispiacerebbe sapere dove alligni tale problematicità e in quali forme essa si realizzi (Serra non lo dice e la nostra curiosità è destinata a rimanere insoddisfatta), fanno particolare specie le altre considerazioni: “volonteroso e con qualche eccellenza”, da cui quel che si ricava, forse anche al di là delle intenzioni di Serra, è l’immagine di docenti in generale poco professionali e dal profilo culturale approssimativo. In difetto di conoscenze e competenze didattiche e pedagogiche (laddove i medici, invece, hanno quelle del loro campo del sapere e così gli avvocati e gli ingegneri) i docenti, per così dire, si applicano, provano a sopperire con la volontà ai loro deficit cognitivi e formativi.
Non a caso (basterebbe consultare il sommo dizionario Treccani) “dotato di buona volontà” si dice di “un allievo non molto intelligente, ma (appunto, n.d.r) volonteroso”. Insomma (e sembra persino inutile rilevarlo), le parole hanno una storia e la storia delle parole produce i suoi effetti in chi legge, anche in modo inintenzionale.
Meritevole di qualche considerazione anche l’osservazione sulle eccellenze, valutate come poche, rare, della numerosità delle mosche bianche (e come altro potrebbe essere in una scuola di insegnanti soprattutto “volonterosi”, se no?), perché qui si rivela un ulteriore difetto (non piccolo) dell’informazione sulla scuola, tante volte afflitta dall’opinionismo, più o meno come per il campionato di calcio.
Su quali dati Serra poggia la sua considerazione sulle eccellenze? Ha spulciato centinaia di migliaia di curriculum vitae di docenti e lo sa per questo? Conosce qualche indagine sociologica sulle eccellenze tra il “corpo insegnante” che noi ignoriamo? Si rifà a statistiche, studi, ricerche? E se sì perché non citare? E se no come fa a dirlo?
Così, pur in un contesto giornalistico moralmente favorevole al mondo della scuola (e che rende “onore alla sua forza misteriosa”) il rischio è che tale forza venga fuori come quella un po’ ottusa degli “asini” (dotati di tanta buona volontà), in mezzo ai quali appare, forse per errore, qualche (eccellente) puledro.