L’emergenza si supera con le regole, non con le eccezioni

di 31 Agosto 2020

Angela Merkel, nella sua conferenza di fine agosto con i presidenti dei Land tedeschi, non ha proposto misure eccezionali a fronte dell’incremento dei contagi. Sanzioni pecuniarie per chi non indossa la mascherina, regole condivise per la riapertura delle scuole, divieto di feste pubbliche ed eventi collettivi. Ha sollevato proteste. Ha però chiarito che la cosa è seria e va affrontata seriamente. 

In Germania sono stati pianificati gli interventi, si è evitata la reazione derogatoria d’urgenza – come avvenuto in Italia dichiarando lo stato di emergenza nazionale fin dal gennaio 2020 –, era già fissato il ruolo del Robert Koch Institut come centro di riferimento, al quale una legge del 2000 (Gesetz zur Verhütung und Bekämpfung von Infektionskrankheiten beim Menschen o Infektionschutzgesetz – IfSG) affidava compiti specifici per il contrasto alla diffusione delle malattie. La legge prevede un obbligo di cooperazione tra Land e Repubblica federale.

La limitazione dei diritti individuali è già prevista dalla legge, così come l’obbligo di comprimerli il meno possibile e quello di agire preventivamente, applicando le misure necessarie (notwendige Maßnahmen), che la legge già individua. Il risultato è stato quello della ridottissima applicazione di deroghe dovute all’emergenza, della cooperazione tra i soggetti istituzionali, della limitazione delle libertà solo se e nella misura necessaria e della concentrazione sull’assunzione delle misure di prevenzione della diffusione – sempre in modo tale da incidere il meno possibile sui diritti e di intervenire specificamente sulle singole situazioni di rischio. Anche l’indicazione politica che viene dalle dichiarazioni del cancelliere Angela Merkel è molto chiara: il problema è serio e deve essere affrontato con una logica di lungo periodo. 

Se non si programma, se non si interviene con misure puntuali e specifiche, se non si agisce nel perimetro della legge che prevede le limitazioni dei diritti in quanto strettamente necessarie, l’alternativa è l’uso di norme emergenziali e derogatorie. 

Il problema delle misure emergenziali derogatorie è che esse sono sempre suscettibili di mutare, di essere sostituite da altre deroghe. Il problema è anche che queste misure sono strutturalmente in contrasto con il principio di eguaglianza – essendo previste caso per caso, per il fatto di essere, appunto, deroghe. Agendo in via di eccezione sono l’opposto della programmazione, essendo dirette a curare la contingenza. Inoltre, è normalmente difficile ottenere cooperazione istituzionale.

Nella misura in cui limitano – come anche da noi avvenuto – le libertà personali, riducono gli spazi di critica e di difesa in giudizio, essendo di solito temporanee e puntuali, dettate per una specifica situazione. Insomma, contraddicono una Costituzione fondata sui diritti della persona, sulla sovranità popolare, sul coordinamento e cooperazione tra società ed istituzioni e tra i livelli di governo, sul riconoscimento della tutela giurisdizionale dei diritti, sull’uguaglianza e la legalità. Quel che è peggio è che non assicurano alcuna certezza ai cittadini per programmare i propri comportamenti individuali (si pensi solo alla differenza tra i due sistemi quanto alla riapertura delle scuole).

Se possibile ancor peggio è lo spreco di risorse economiche che fisiologicamente si accompagna all’assunzione di decisioni caso per caso e fuori da una rigorosa programmazione. 

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