La transizione verso una società decarbonizzata e verso una economia circolare che rivedano il modello energetico delle città in un’ottica olistica verso la sostenibilità ecologica è una delle sfide più importanti del Neoantropocene, la nuova era dello sviluppo responsabile.
Le città sostenibili e resilienti del futuro prossimo chiedono un’azione integrale che modifichi sia i protocolli progettuali che i dispositivi attuativi per aumentarne le condizioni di successo. Servono alla città forme insediative e linee infrastrutturali più flessibili, più orientate all’innovazione e più adattative alle nuove intelligenze collettive.
In Italia è soprattutto dai nuovi quartieri eco-creativi che può ripartire una città che sappia rimettere in gioco i suoi capitali sociali, territoriali e culturali dopo essere guarita dalla drammatica bulimia espansiva e dalla dipendenza dal consumo di suolo che negli anni euforici pre-crisi hanno anestetizzato la capacità di immaginare, di progettare e di governare gli insediamenti umani.
Accompagnata dalla visione e dalle risorse del Green New Deal promosso dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, l’Unione Europea sta ridefinendo la strategia 2050 verso una maggiore sostenibilità integrata fondata sulla carbon neutrality che superi l’occasionalità delle sperimentazioni e degli incentivi e spinga soprattutto le città verso processi strategici permanenti e progetti urbanistici strutturali volti a trasformare la loro forma spaziale e l’economia che le alimenta entro un nuovo metabolismo basato sulla riduzione dell’80% delle emissioni reali di CO2 in atmosfera e sul 100% di neutralità delle emissioni attraverso compensazioni ecologiche o monetarie.
La conservazione delle risorse e l’adattamento ai cambiamenti climatici, l’adozione di una sobrietà energetica e la diversificazione delle fonti energetiche, la conservazione e la valorizzazione della biodiversità, del suolo e degli ambienti naturali trovano nelle città il migliore campo di sperimentazione.
E le pratiche si moltiplicano. La rete delle 100 Resilient Cities della Fondazione Rockefeller propone un insieme di esperimenti concreti di alleanza tra città resilienti e quartieri energeticamente attivi, in modo da condividere idee e testare le potenziali soluzioni prima di estenderle. E le città resilienti mirano a responsabilizzare i cittadini verso l’adozione di comportamenti più performanti per la transizione energetica.
Ad Amburgo è stato costruito il primo edificio che usa le alghe come acceleratori energetici. La BIQ House, progettata da Arup e Splitterwerk per l’IBA 2013, è ricoperta da bio-reattori che racchiudono le alghe, producendo biomasse che possono successivamente essere utilizzate, ma anche catturano il calore solare termico. In questo modo entrambe le fonti energetiche vengono utilizzate per alimentare l’edificio, l’una in supporto all’altra.
Un altro esempio di edificio eco-energetico è il MediaTIC di Barcellona, progettato da Cloud-9, formato da grandi travi in ferro rivestite con una pelle di plastica composta da bolle gonfiabili. Il rivestimento regola la luce e la temperatura, riducendo l’emissione di 114 tonnellate di CO2 all’anno ed offrendo un risparmio del 20% sul controllo del clima.
A Londra è ormai una pratica consolidata il Beddington Zero Energy Development (BedZED), un quartiere ecologico carbon neutral, e il primo che ha permesso attraverso un uso innovativo dell’energia di ridurre il costo di accesso al mercato da parte dei residenti, incentivando così la preferenza per un edificio sostenibile piuttosto che per uno tradizionale.
La “città solare” di Sonnenschiff a Friburgo è il progetto più innovativo dell’alleanza tra città ed energia, poiché gli edifici sono costruiti secondo lo standard Passivhaus, che consente di produrre quattro volte la quantità di energia che consuma. Il quartiere propone una visione per un’intera comunità urbana basata sulla scala umana, sull’accessibilità sostenibile, sullo spazio verde come spazio vitale e sulla corretta esposizione solare.
La resilienza e la sfida energetica, infine, è anche il nuovo campo di battaglia per l’innovazione delle aziende tecnologiche e dell’architettura. Il nuovo Apple Campus di Cupertino, progettato da Norman Foster, è un perfetto connubio di innovazione delle forme dei luoghi del lavoro e di adozione di dispositivi ecologici per la riduzione dell’impronta ecologica della sede di una delle aziende più attente all’ambiente. Il progetto di Bjarke Ingels e Thomas Heatherwick per la nuova sede di Google a Mountain View, ad esempio, è un complesso di 316.000 mq. formato da strutture flessibili con coperture intelligenti che controllano il clima interno attraverso la luce e la ventilazione, annullando i confini tra ambiente naturale e costruito. A Seattle, Amazon ha progettato Spheres, una innovativa struttura sferica capace di alloggiare molteplici forme di vita vegetale non solo come elemento paesaggistico ma soprattutto come dispositivi energiferi.
Gli eco-quartieri e le città energeticamente attive necessitano non più solo di pratiche ed esperimenti, ma di comportamenti collettivi strutturali, coerenti e durevoli, poiché l’innovazione energetica urbana è soprattutto uno stile di vita per le comunità di prosumers nell’ambito di un nuovo ecosistema di sviluppo.
Perché l’alleanza tra città energia diventi stabile, occorre internalizzare in maniera creativa nel progetto urbanistico le forme del riciclo in termini di progettazione ecologica della dismissione invertendo il consumo di suolo. Occorre rendere la città più intelligente verso una revisione dei cicli di acqua-energia-rifiuti. E anche la gestione delle reti digitali e di mobilità verso una reale sostenibilità è una delle sfide che dovrà accompagnare la post-carbon economy. Dobbiamo accettare la sfida di passare dal retrofit energetico degli edifici ad una progettazione urbana basata sull’energia e capace di essere una protagonista della lotta al cambiamento climatico. I Fridays for Future, promossi da Greta Thunberg e animati ormai da migliaia di giovani in tutto il mondo, devono diventare “everyday for future”, partendo dalle nostre città, dalle nostre case.
L’innovazione è sempre dirompente, sconvolge le certezze su cui si basa il paradigma corrente fino a quando non viene messo in dubbio dall’esplosione e diffusione virale di un nuovo paradigma. Ed è di questa innovazione distruttiva e ricostruttiva che ha bisogno la progettazione delle energy-oriented cities, le città della transizione verso il Neoantropocene.