Sono esterrefatto. Non tanto dalle considerazioni di Luciano Canfora, storico del pensiero antico che di tanto in tanto pontifica sulla Storia contemporanea. Quanto dallo spazio che il Corriere della Sera concede, senza commenti, alle sue ultime esternazioni, contenute nel volume ‘L’Europa, gigante incatenato’.
Che l’Europa lo sia, nessuno può contestarlo. Ma che lo sia a causa della perversa ‘gabbia d’acciaio’ impostale dalla NATO è affermazione che fa carta straccia dei decenni post-bellici. Indegna di uno storico. Perversamente fazioso è l’affondo che l’America, con la NATO, disponga nell’Unione di una ‘quinta colonna,’ che “può impartire le direttive di politica estera cui gli europei debbono attenersi”. Le sanzioni alla Russia sono state imposte dall’America, argomenta Canfora, per “il più ridicolo dei pretesti: il ritorno –ovvio da ogni punto di vista- della Crimea alla Russia. Storia culturale, politica, religiosa ‘gridano’ che la Crimea fa parte della Russia”.
Contraddicendosi in parte, Canfora concede che, “nei limiti consentiti dal comando NATO, … i paesi che possono permetterselo –in pratica soprattutto la Francia, potenza atomica- svolgono una loro azione sub-imperiale [?]”, la Germania “cerca di tenere in piedi” il rapporto con la Russia”, ma ritiene che, con la Brexit, il Regno Unito avrebbe “ripristinato in pieno l’asse anglo-americano, in totale antitesi rispetto al ‘continente’”.
Un disordinato affastellamento di affermazioni sommarie, che i fatti smentiscono, ma che servono a corroborare l’assunto finale, smaccatamente propagandistico, al quale il filosofo affida da anni le sue incursioni in politica estera contemporanea. Canfora cita infatti (in cauda venenum) le lamentele di Putin, secondo il quale “abbiamo capito che i nostri partner volavano solo dei vassalli: questo con la Russia non si può fare”. Affermazioni delle quali, conclude il filosofo della Storia fattosi propagandista, “l’Europa non ha capito quasi nulla”.
Ogni commento dovrebbe essere superfluo. Ma che possono le sempre più flebili voci nel deserto nostrano, in un’Italia dalle idee sempre più confuse, abbandonata a ‘maîtres à penser’ di tale calibro? Residui di un passato che si ostina a non passare. Lasciandoci ai margini della Storia, quella futura, quella vera.