La città della mobilità aumentata

di 6 Luglio 2020

Platone nella Repubblica descriveva la città come «pascolo e nutrice della società», prescrivendo che essa dovesse essere buona, nutriente, salubre e protesa alla cura del bene comune. Dobbiamo recuperare la visione e la realizzazione di una città nutrice dell’umanità, esercitando un’urbanistica che non sia solo tecnica, norma e progetto, ma anche una neuroscienza dello spazio che concorra a modellare i nostri comportamenti attraverso una relazione emotiva oltre che razionale, psicocognitiva oltre che normativa, narrativa oltre che tecnica, cognitiva oltre che funzionale.

Le città sono da sempre, e oggi con maggiore intensità e velocità, organismi vibranti di luoghi e comunità, di dati e di sensori, di azioni e reazioni. Sono – dovrebbero essere – dispositivi abilitanti per migliorare la vita delle persone. Saremmo in grado di costruire un ambiente urbano più efficiente, capace di percepire l’ambiente e di comprendere i bisogni delle persone, e di agire tempestivamente per tutti gli abitanti? Capace di amplificare opportunità e talenti? Capace di proteggerci dalle crisi climatiche e dalle pandemie?

Tra le risposte, oltre a quelle ormai consunte, io propongo la Augmented City (Listlab, 2017), la “città aumentata” come un nuovo paradigma che percepisca le richieste di una società più reticolare e interconnessa, basata sulla conoscenza e creatività, che risponda al cambiamento climatico attraverso un nuovo metabolismo circolare che torni a nutrire il nostro benessere e la nostra felicità. Una città, insomma, che sia ambiente privilegiato della nostra umanità aumentata, più digitale ma anche più responsabile.

La città aumentata è, per me, lo strumento per entrare nel Neoantropocene generativo e collaborativo, superando il Paleoantropocene erosivo e dissipativo che ha caratterizzato la società – e la città – industriale dell’Ottocento e del Novecento (ne parlo abbondantemente su Futuro, Rubbettino, 2019). La città aumentata pretende un salto di paradigma in tutti i settori e cicli di vita, ma forse è la mobilità una delle sfide più importanti, poiché essa è ancora ferma al modello novecentesco della macchina privata inquinante.

Serve un modello urbano in cui la mobilità sostenibile sia il propulsore più efficace del cambiamento. Nuove infrastrutture per il trasporto collettivo e slow per connettere una città sempre più policentrica e reticolare che concorrano non solo a soddisfare gli attuali fabbisogni di mobilità (che nel post Covid-19 muteranno), ma siano indispensabili attivatrici di nuovi stili di vita e abilitatrici di opportunità per generare attorno ad esse nuovi spazi, socialità e diritti.

In Italia, tranne rare eccezioni, le città si dibattono in un grave deficit infrastrutturale, sia in termini di dotazione, che di innovazione che di sicurezza e in un drammatico gap di qualità ed efficacia per quanto riguarda la mobilità. Per rimediare non dobbiamo solo accelerare l’innovazione, ma soprattutto farlo nella direzione giusta. Serve un investimento politico, economico, urbanistico e culturale sull’innovazione verso una mobilità sostenibile, con particolare attenzione alle tecnologie digitali per i trasporti intelligenti.

Le città aumentate integrano i diversi modi di trasporto collettivo e condiviso (ferrovie, metropolitane, tram, bus, car-sharing, bike-sharing, etc,) in un sistema unitario di offerta, garantendo elevata qualità delle interconnessioni, e sostenendo l’integrazione attraverso un’urbanistica e una politica per la mobilità coerenti: accessibilità ai nodi delle stazioni di interscambio, sviluppo di corsie preferenziali, istituzione di “zone 30” sono tutte componenti determinanti per accompagnare il necessario mutamento nelle preferenze di mobilità dal trasporto individuale (egoista) alla mobilità sostenibile (sociale).

La tecnologia digitale applicata ai trasporti renderà le persone più intelligenti nei comportamenti: partiremo da casa in bicicletta, monopattino o con una piccola auto elettrica condivisa, lasceremo il mezzo in una stazione del tram o della metropolitana, raggiungeremo una stazione per prendere un aereo o un porto per imbarcarci e a destinazione c’è già un’auto condivisa – presto a guida autonoma – che ci aspetta per portarci a destinazione, per poi “andarsi a cercare” un altro passeggero, tutto sulla punta delle dita possedendo uno smartphone invece che un’auto.

Non sottovalutiamo, infine, che la sempre più avanzata interconnessione digitale delle auto e dei mezzi pubblici produrrà a breve una mole straordinaria di dati sulla vita urbana – raccolti e scambiati in tempo reale dalle vetture – e che saranno la base sia del prossimo salto infrastrutturale che della rivoluzione urbanistica basata sulla conoscenza distribuita e condivisa.

La rivoluzione infrastrutturale delle città aumentate genererà, inoltre, un prezioso dividendo spaziale dalla rimodellazione delle infrastrutture, delle aree di parcheggio e dei nodi di interscambio, dalla pedonalizzazione e ciclabilità: nuove architetture sotterranee della “città-mangrovia”, nuovo spazio pubblico della “città-arcipelago”, spazi sottratti alle auto che si ritornano luoghi per le persone, necessarie estensioni dell’abitare da riprogettare e riconfigurare, come sta accadendo nel Poble Nou di Barcelona con il progetto Superilla, a Madrid con il Proyecto Madrid Centro, a Parigi e a Milano con la “città dei 15 minuti”.

Infine, in tema di mobilità sostenibile è necessario raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi non solo per la riduzione delle emissioni, ma anche per la convergenza verso modalità di trasporto che promuovano l’innovazione energetica da fonti rinnovabili, generando anche un benefico surplus energetico per illuminare, ad esempio, un quartiere o un lungomare. 

Lewis Mumford, nel suo violento – e lungimirante – attacco alle città americane vittime dell’automobile e del sacrificio dello spazio offerto alle autostrade scriveva che «la prima lezione che dobbiamo imparare è che una città esiste non per il costante passaggio delle auto ma per la cura e la cultura degli uomini» (L. Mumford, The Highway and the City, New York, Harcourt, Brace & World, 1963).

Una città concepita come medium culturale e sociale, come sistema pedagogico vivente, come un amplificatore di umanità. La città aumentata, quindi, non è la città del futuro remoto, ma ci stimola ad abitare il diverso presente, e a muoverci in esso in maniera differente.

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